Le ragioni di zia Dalia
Che
cosa accomuna Bertie Wooster a Walter Veltroni? In uno dei romanzi più
divertenti di P.G. Wodehouse – Right Ho, Jeeves, del 1934, un titolo che in
Italia è stato variamente maltrattato, ma nella edizione Polillo è reso con
"Perfetto, Jeeves! ", ad un certo punto zia Dahlia perde definitivamente la
pazienza con Bertie. Lo affronta davanti al buffet di una cena fredda, perché
quella sera, per vari motivi, non è stato possibile servire un pasto regolare
agli ospiti di Brinkley Court, la magione di campagna in cui è ambientata la
storia, e gli spiega quello che pensa di lui. “Stavo cercando di farmi venire in
mente chi mi ricordi. Uno che andava in giro a spargere rovina e desolazione,
distruggendo delle case in cui, prima che arrivasse lui, regnavano la pace e la
felicità. Eccolo qui, è Attila. È straordinario ... a guardarti ti si direbbe
uno dei soliti amabili idioti... un caso da ricovero, forse, ma fondamentalmente
innocuo. E invece sei peggio della Morte Nera. Ti assicuro, Bertie, che quando
ti vedo ho l’impressione di passare attraverso tutti i dolori e gli orrori della
vita e provo un colpo come se avessi sbattuto contro un palo della luce.” A
parte l’anticlimax finale, così caratteristico dello stile dell’autore, la
comicità del passaggio sta tutta nell’incongruità del paragone. Non c’è nulla in
comune, a prima vista, tra Bertie Wooster e il Flagello di Dio. Bertie è un
giovanotto della buona società edoardiana ed è legato alle ferree norme di
correttezza proprie del suo ceto. Per di più è mite, gentile, educato: non
farebbe male a una mosca e se ogni tanto si intromette negli affari privati di
amici, parenti e conoscenti vari lo fa sempre perché costretto e spinto,
comunque, dal desiderio di rendersi utile. Non c’è nulla in lui di malevolo o
aggressivo. Eppure... eppure bisogna ammettere che di disastri, almeno sul piano
delle relazioni sociali, riesce a combinarne parecchi. Il fatto è che che, oltre
che mite, gentile, educato e volonteroso, il bravo giovane è essenzialmente un
inetto. E la combinazione di buona volontà e inettitudine è una miscela
esplosiva, dagli effetti potenzialmente devastanti, come ben sanno i lettori
della dozzina di romanzi e dei tot racconti in cui compare il personaggio. Sir
Pelham Grenville Wodehouse (Guildford, 15 ottobre 1881 – New York, 14 febbraio
1975), è l'inventore di questa straordinaria
figura come quella del mitico maggiordomo, Jeeves. Ma è tipico dei classici
prestarsi a interpretazioni e letture sempre nuove ed è da un po’, vi confesso,
che non riesco a leggere di lui senza pensare a Veltroni. Sì, a Walter Veltroni,
colui che si era prefisso l’obiettivo di essere il nostro Presidente del
Consiglio fino al 2013, o, in via subordinata, di dirigere per altrettanto tempo
il principale partito di opposizione e entrambi tali obiettivi ha clamorosamente
mancato. Mi ricorda irresistibilmente Bertie Wooster e non soltanto in
considerazione della durata delle rispettive carriere, visto che l’uno è stato
in pista per oltre mezzo secolo, dal 1919 al 1974 e l’altro, per quanto ancora
un po’ indietro, sembra avere tutte le intenzioni di mettersi in pari. Il fatto
è che anche l’ex direttore della “Unità”, ex vicepresidente del consiglio (e
ministro della cultura!) nel primo governo Prodi, ex segretario dei DS, ex
sindaco di Roma, ex segretario del Partito Democratico, eccetera, ha con questa
controparte molte caratteristiche in comune. Anche lui è mite, gentile, educato,
del tutto destituito di ogni traccia di aggressività e malevolenza: pensate a
come si faceva un vanto di stabilire le relazioni con il principale esponente
della parte a lui avversa, quello che il militante medio della sinistra avrebbe
passato volentieri al tritacarne, su un piano di fair play e correttezza
formale. Ed è anche inetto, mio Dio, terribilmente inetto, almeno sul difficile
terreno della politica nazionale. Bravissimo quando si è trattato di promuovere
quotidiani a forza di videocassette e albi di figurine, di organizzare feste del
cinema e nottate bianche, l’onesto individuo si è trovato clamorosamente a
disagio quando ha dovuto (o voluto) guidare il proprio partito nel corso di due
importanti scontri elettorali. In effetti, tanto nel 2001 quanto nel 2008, come
segretario, le ha prese di santa ragione. E visto che è si è sempre ostinato a
prendere lui tutte le decisioni importanti, come quella, letale, del “correre da
solo” nel 2008 e che ha sempre dedicato molte energie a escludere dalle luci
della ribalda tutti i pezzi grossi, piccoli e medi del suo partito (quello
vecchio e quello nuovo), non si capisce come possa sfuggire a questo, sia pur
impietoso, giudizio. Anche il paragone con Attila, per quanto sforzato, trova
una sua giustificazione: è difficile che, dopo certe sue incursioni, come la
campagna sul “voto utile” o la porcata della legge elettorale per le Europee,
nei pascoli della sinistra ritorni a crescere l’erba. Anche chi, come noi, non
si occupa particolarmente di cose parlamentari, può giudicare per quel che vale
la pretesa di creare dal nulla, a base di belle parole, una maggioranza che,
storicamente, non c’è mai stata e dà inizio all’impresa smantellando una
maggioranza che invece, bene o male, c’era. Differenze tra i due personaggi,
naturalmente, ce ne sono. La principale è che Bertie Wooster fa ridere e
Veltroni no, a meno di riuscire a ridere delle proprie disgrazie. E mentre le
vicende in cui è coinvolto il primo finiscono immancabilmente bene, perché
dietro le quinte si dipana l’imperscrutabile attività di tutela del grande
Jeeves, quelle di cui è protagonista il secondo non offrono altrettante
garanzie. Un Jeeves alle spalle Veltroni proprio non ce l’ha mai avuto e anche
se di candidati al ruolo, con i baffi o senza, c’è sempre stata una certa
abbondanza. Nessuno di loro, peraltro, è mai sembrato particolarmente adatto
alla parte. Eppure non molla mai, è sempre lì. Non che resti ad affrontare le
conseguenze dei suoi fallimenti, questo no: lui dà le dimissioni, si fa eleggere
sindaco, va in Africa o si rifugia in qualche altro buon ritiro, proprio come il
suo omologo letterario, quando la situazione si faceva un po’ aggrovigliata,
fuggiva all’alba con il treno del latte, ma è sempre pronto a tornare in campo.
Anche dopo le ultime dimissioni ha detto che a ritirarsi a vita privata non ci
pensa nemmeno. Proprio come Bertie, che a zia Dahlia, dopo quel po’ po’ di
invettiva trova ancora il coraggio di rispondere: “Sì, sono d’accordo con te che
le cose non sono esattamente al massimo, ma su con la vita. È raro che un
Wooster si trovi bloccato in via definitiva.” Al che lei risponde terrorizzata
“Vuol dire che dobbiamo aspettarci che da un momento all’altro tu tiri fuori un
altro dei tuoi progetti?” e, avutane le conferma, conclude: “Lo sospettavo. Ci
mancava anche questa. Non vedo come la situazione possa essere peggiore di
quella che è, ma non dubito che riuscirai a renderla tale. Con il tuo genio e la
tua intuizione, troverai il modo. Forza, Bertie, forza, va pure avanti! Io ormai
ho superato la fase delle preoccupazioni. Anzi, riuscirò persino a provare un
flebile interesse osservando in quali abissi d’inferno, sempre più cupi e
profondi, riuscirai a spingere questa casa. Va pure avanti, ragazzo.” Povera
donna, come la capiamo.
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Un funghetto trallallà, due funghetti trallallà, tre fungh... tre fungh... tre funghetti trallallà...
giovedì 2 febbraio 2012
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